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Omaggio ad Antonio Ligabue, ecco la mostra a Conversano

Uno dei pittori più apprezzati del Novecento. Questo straordinario artista più di altri ha conquistato il cuore dei cultori dell’arte per la sua straordinaria visione spesso crudele, spesso incompresa

Il tormento, la sofferenza, la continua lotta con gli altri, con se stesso, con la vita. Non si può comprendere fino in fondo il genio di questo straordinario artista se non ci si tuffa nella sua esistenza. Tigri, leoni, galli e autoritratti che prendono vita nelle opere create con talento e poesia. Perché Antonio Ligabue ha fatto dell’arte il riscatto della sua vita spesso fortunata. Una meravigliosa mostra in programma nelle splendide sale del Castello aragonese di Conversano in Puglia, aperta al pubblico fino all’8 ottobre, gli rende omaggio proponendo un percorso costellato di sessanta opere che descrivono al meglio la magia di uno dei più straordinari e commoventi pittori del Novecento. Una figura travagliata quella di Ligabue che è ha affascinato negli anni migliaia di persone a tal punto da diventare protagonista di film e sceneggiati televisivi. Come il film interpretato magistralmente da Elio Germano dal titolo “Volevo nascondermi”. L’iniziativa è promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte e Museco – Musei in Conversano, con il contributo della Regione Puglia, con il patrocinio della Città Metropolitana di Bari, di Pugliapromozione e del Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, la mostra Antonio Ligabue è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti ed è prodotta e organizzata da Arthemisia.

La mostra vede come sponsor BCC Conversano e Master Italy. Nato a Zurigo nel 1889 da madre di origine bellunese e da padre ignoto, viene dato subito in adozione ad una famiglia svizzera. Già dall’adolescenza manifesta alcuni problemi psichiatrici che lo portano, nel 1913, a un primo internamento presso un collegio per ragazzi affetti da disabilità. Nel 1917 viene ricoverato in una clinica psichiatrica, dopo un’aggressione nei confronti della madre affidataria Elise Hanselmann che, dopo varie vicissitudini, deciderà di denunciarlo ottenendo l’espulsione di Antonio dalla Svizzera il 15 maggio del 1919 e il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno (il marito della madre naturale, che odierà sempre). Ligabue non parlava l’italiano, era incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei, veniva soprannominato “el Matt” dagli abitanti di Gualtieri che ne rifiutavano i dipinti e il valore artistico, costringendolo a prediligere la via dell’alienazione e della solitudine. Dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio in cui vive solamente dei pochi sussidi pubblici e si rifugia nell’arte per esprimere il suo disagio esistenziale, a cavallo tra il 1928 e il 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (importante artista della Scuola Romana) che ne comprende il talento artistico e gli insegna ad utilizzare i colori. Con singolare slancio espressionista e con una purezza di visione tipica dello stupore di chi va scoprendo – come nell’infanzia – i segreti del mondo, Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza degli animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli. Nel 1937 viene nuovamente ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia per autolesionismo e per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940. È il 1948 quando comincia a esporre le sue opere in piccole mostre e ottenendo, sotto la guida di Mazzacurati, qualche riconoscimento e a guadagnare i primi soldi: Ma il successo è breve: dopo essersi permesso solo qualche lusso, nel 1962 viene sopraggiunto da una paresi e ricoverato all’ospedale di Guastalla dove continua a dipingere e dove termina la sua vita il 27 maggio del 1965.

Davide Mosca

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