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Human Material Loop, quando i vestiti si fabbricano con i capelli

L’innovativo progetto della compagnia olandese mira a sensibilizzare sull’impatto ambientale dell’industria tessile, la seconda più inquinante al mondo

La rivoluzione dell’industria tessile comincia dalla testa! Ogni anno, circa 150 milioni di kg di scarti di capelli umani (75 solo nell’Unione Europea) vengono gettati come rifiuti comuni, finendo nelle discariche o negli inceneritori e contribuendo così al problema dell’inquinamento e del conseguente peggioramento del cambiamento climatico. Ma se ci fosse un modo migliore per sfruttare questa risorsa naturale in maniera sostenibile?

Il rivoluzionario progetto dell’azienda olandese HUMAN MATERIAL LOOP si basa sull’utilizzo di capelli umani per creare prodotti nell’industria tessile. Grazie alla ricchezza di proteine cheratiniche, simili a quelle della lana, i capelli offrono una resistenza naturale e un’elasticità straordinaria. Possono estendersi fino a una volta e mezza la loro lunghezza originale senza rompersi, il che li rende ideali per la produzione di abbigliamento ad alte prestazioni. Inoltre, l’impiego dei capelli potrebbe sostituire i materiali sintetici e i prodotti chimici usati nella lavorazione tessile, contribuendo in modo significativo a cambiare l’intera percezione sulla produzione degli abiti, attualmente la seconda fonte di inquinamento più grande al mondo dopo l’industria petrolifera.

HUMAN MATERIAL LOOP ha anche l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sulle responsabilità umane legate alla crisi climatica e al degrado ambientale, incoraggiando attivamente le persone a svolgere un ruolo di primo piano nella tutela dell’ecosistema. Sfruttando i capelli umani come materia prima per tessuti, l’azienda promuove infatti un sistema di riciclo circolare che contribuisce a ridurre l’impatto umano sull’ambiente legato al trasporto delle merci grazie all’utilizzo di materiali – letteralmente – a chilometro zero. Attualmente, l’azienda sta conducendo test del progetto insieme a vari istituti di ricerca e partner industriali, con l’obiettivo di lanciarlo sul mercato entro il 2023.

Francesco di Nuzzo

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