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L’addio a Dolores Demurtas, ceramica e arte tra rigore e sperimentazione

È l’artista grazie alla quale appaiono nuovi paradigmi di una pratica della Sardegna i cui dettami sono antichissimi

Dolores Demurtas, l’esponente di una scultura che da locale si trasforma rapidamente in internazionale, ci ha lasciato, all’improvviso e in un attimo. È l’artista grazie alla quale appaiono nuovi paradigmi di una pratica della Sardegna i cui dettami sono antichissimi.
Parlava di sé e della sua opera con un lessico essenziale, temperato dalla classe, la stessa misurata ammirazione con cui parlava delle sue splendide figlie, Angela e Lavinia Demontis, le sue bimbe cresciute tra scenari d’argilla, oggi affermate professioniste.
E nel suo lavoro è facile rintracciare la passione e la visione della donna che, nelle varie fasi dei suoi 88 anni di vita, ha saputo porre cura e maestria incondizionata.
A partire dallo studio della colorazione, crea infatti smalti per decori che ricava dai minerali presenti nella sua adorata terra: ed è questa che le sarà dolce ora che «Sei con papà – sostiene la figlia Angela Demontis, artista. E aggiunge – Sei stata la mia maestra, la persona più onesta e leale che io abbia mai conosciuto. Un’artista straordinaria, capace di far divenire l’argilla lieve come petali di rosa, costruttrice di monumenti, ritrattista sopraffina. Forte e testarda come una Leonessa!»
Al cimitero di S. Michele a Cagliari la cremazione e i sentiti e numerosi messaggi di cordoglio per un nome che entra con garbo nella leggenda.
Cuocendo le opere nel suo primo forno a legna ottiene degli effetti cromatici unici e spettacolari: i suoi oggetti non solo suscitano suggestioni potenti ma raccontano tutti gli incanti della cultura e della tradizione di un’isola, ne intercetta i misteri.
È nel 1967 che sposerà il pittore e vignettista Aurelio Demontis, padre delle sue figlie. Di lui parlerà con il riserbo dettato dalla devozione. Di lui resta vedova a settant’anni, in un’esistenza intensa tra personalità come Leonardo Sciascia e Ignazio Buttitta. Tira dritto in spiacevoli situazioni controverse che parlano della volontà di oscurare il suo talento, mentre Aristotele Onassis acquista una sua opera per regalarla a Jacqueline Kennedy. Le sue sculture sacre hanno una tale possanza che alcuni non credono possa averle fatte lei, con quelle sue piccole mani. Dev’essere stato per forza il marito, insinuano. Ma lei ride e il pubblico la adora in un modo totale, di un amore che si riserva solo alle persone vere, a partire dalla sua statua di Gigi Riva osannata nel corso della festa per lo scudetto del Cagliari.
Artefice di una produzione che si estende agli arredi interni, mirabile è la linea di lampadari ed accessori mentre ad acquistare una sua opera d’arte, esposta a Porto Cervo, sarà Putin in occasione della sua visita a Berlusconi in Villa Certosa.
Nel 1985, invitata dal Vaticano all’incontro di Cagliari con Papa Giovanni Paolo II, donerà al pontefice un piatto in ceramica, variopinto bassorilievo con le insegne papali decorato a smalto, oro e platino.
Pioniera nel ’56 della prima Mostra dell’Artigianato di Sassari ha continuato poi nelle Biennali dal ’60 agli anni ‘80 fino a che il 2000 conferma il suo successo alla Biennale di Venezia e alle Triennali di Milano.
Ha insegnato tecnica della ceramica, lavorato per ISOLA, dalla nascita dell’ente regionale fino al 2008, partecipando a tutte le esposizioni nazionali e internazionali, l’ultima a Londra da Harrod’s.
Le sue opere sono parte di preziose collezioni, dal Museo della Ceramica di Caltagirone spiccano i suoi cinque pezzi con straordinari ricami in brocche e fiasche. Altre suoi capolavori appaiono al museo di Ginevra e in numerosi altri musei mondiali, nel 2015 un’anfora pregiata, pezzo unico, viene acquisita nella prestigiosa collezione Onick Spanu per il Magazzino Italian Art di New York. Inoltre, che il suo primo presepe in argilla fosse stato acquistato da La Rinascente, mostra un punto di partenza di quel talento che ha raggiunto Australia e Giappone, partecipando a ciò che verrà in seguito definito il “processo di internazionalizzazione delle imprese italiane all’estero”.
Ci mancherà quella sua misurata eleganza: lo stile dell’artefice infinitamente dotata ma distante da ogni vanità; e forse più di ogni altra cosa ci mancherà la sua dedizione al lavoro, la generosità di insegnamenti che sono lo splendido imprendere degli illuminati, sono intenzione, trasmissione. Sono continuità.
Continua nel pianeta Sardegna, e molto più in là, lo splendore di Dolore Demurtas, piccola donna simile a una giapponese, ma con lo sguardo da indios: puntato all’infinito.

Anna Maria Turra.

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